AccessibilitàGalleria Borghese: intervista alla direttrice Francesca Cappelletti

Galleria Borghese: intervista alla direttrice Francesca Cappelletti

Abbiamo intervistato Francesca Cappelletti il 27 marzo 2024 presso la Galleria Borghese, dove ci ha ricevuto molto gentilmente nel suo ufficio di Direzione.

Sommario
Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese, davanti al quadro «Fanciullo con canestra di frutta» di Caravaggio.
Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese, davanti al celebre dipinto «Fanciullo con canestra di frutta» di Caravaggio, conservato nel museo.

Professoressa Cappelletti, iniziamo con un accenno alla dimensione professionale e operativa del museo, ciò che ne rende possibile il funzionamento quotidiano.

Il museo è una macchina complessa, all’esterno sono visibili la cura e la programmazione culturale, ma per riuscire a organizzare tutto questo è fondamentale l’attività di uffici che seguano le varie fasi dei progetti, anche noi cerchiamo di investire molto su tutti questi aspetti organizzativi, finanziari, comunicativi, che sono il pane quotidiano del lavoro del museo.

Questo è un momento di intenso rinnovamento per la Galleria Borghese, ci sono numerosi lavori in corso all’esterno e all’interno e, nonostante questo, il museo rimane aperto al pubblico, accoglie i visitatori e porta avanti importanti programmi espositivi ed educativi. Come si riesce a conciliare tutto questo?

Con molto impegno e molto lavoro da parte di tutti; nelle sale e negli uffici. All’esterno stiamo sostanzialmente effettuando la manutenzione di un restauro del 1998. Le grandi decisioni – come quella di rimuovere l’ocra e riportare l’intonaco al colore bianco, biancastro, assimilabile a quello testimoniato dalle fonti – sono state scelte del secolo scorso, totalmente condivisibili. Questo colore a calce che utilizziamo per le facciate degli edifici storici – cerchiamo di usare gli stessi materiali originari – ovviamente si era un po’ dilavato, il nostro intervento adesso consiste nel ripristinare il restauro della fine degli anni ’90. Questo rappresenta comunque un grande impegno, dato che contemporaneamente abbiamo questi restauri dell’esterno, i progetti del PNRR all’interno, oltre a non chiudere mai al pubblico e, anzi, a continuare la programmazione culturale.
Adesso, ad esempio, è arrivato il quadro di Velázquez nella sala del Caravaggio [Donna in cucina con cena in Emmaus, per l’esposizione Un Velázquez in galleria, dal 25 marzo al 23 giugno 2024 N.d.R.], abbiamo in programma la mostra di Louise Bourgeois [Louise Bourgeois: L’inconscio della memoria, dal 21 giugno al 15 settembre 2024 N.d.R.] e in autunno la grande mostra su Giovan Battista Marino [La poesia e la pittura. Giovan Battista Marino e le arti «sorelle», dal 12 novembre 2024 al 9 febbraio 2025 N.d.R.]. Quindi effettuare sia i lavori del PNRR, sia questa manutenzione all’esterno, senza alterare la programmazione, ci impegna in una grandissima sfida e ovviamente in questo si sente ancora di più il peso e proprio l’importanza strategica degli uffici e degli aspetti a cui accennavamo, che portano avanti il lavoro «dietro le quinte». Perché ovviamente senza l’ufficio bilancio, gare e contratti, fundraising e naturalmente l’ufficio tecnico che ha in carico tutti i lavori, la contemporaneità di tutte le iniziative non sarebbe possibile.

Rimaniamo in argomento, citando la mission del museo, pubblicata anche sul sito in maniera molto chiara, dove la prima parola è appunto «conservare». I progetti del PNRR hanno portato alla temporanea chiusura al pubblico del piano nobile, come avete trasformato questo periodo di potenziale stallo in una splendida opportunità di servizio al pubblico?

Certamente, parliamo dei lavori del PNRR e dell’attuale mostra a Palazzo Barberini [Capolavori della Galleria Borghese a Palazzo Barberini, dal 29 marzo al 30 giugno 2024 N.d.R.], infatti: non solo abbiamo proposto questi progetti, che ci sono stati approvati, sull’asse sia dell’accessibilità sia dell’energia, per il PNRR nei musei, ma a questo abbiamo aggiunto – proprio per continuare a rendere visibili le opere nelle poche sale che chiudiamo a rotazione –, la mostra a Palazzo Barberini dove le nostre opere sono state trasportate e sono pienamente visibili. Questo genera – a fronte del grandissimo lavoro che è stato fatto qui all’interno, nella Galleria Borghese – solo vantaggi. Perché ovviamente non mettiamo le opere in cassa rendendole invisibili durante i lavori, continuiamo a farle vedere, ed è anche un modo – tale l’eccezionalità dell’evento: 50 quadri, alcuni veramente tra i più importanti della Galleria, in mostra a Palazzo Barberini! – di attirare l’attenzione sui lavori del PNRR, sui contributi che stiamo investendo effettivamente nel comparto del patrimonio. Quindi una buona notizia. Ulteriore buona notizia è la collaborazione tra istituzioni, perché Galleria Borghese, anche se è un museo dotato di autonomia – il che è importantissimo –, fa parte del sistema museale nazionale e noi stiamo cercando di collaborare il più possibile.

Quali sono gli indirizzi del museo sul piano della sostenibilità ambientale, sul piano energetico e dei materiali?

Parlando dei materiali, ormai il restauro è molto filologico, per le facciate poi – proprio per ripristinare i materiali originali – tende ad evitare le componenti acriliche. Anche all’interno del museo abbiamo promosso vari progetti in questo senso, uno anche sull’eliminazione per quanto possibile della plastica. Poi cerchiamo di far vivere la Galleria in sintonia con il giardino, abbiamo organizzato moltissime visite sulla biodiversità, abbiamo realizzato il lancio delle coccinelle per coinvolgere anche i ragazzi – e soprattutto i bambini – in questa esperienza di vivere tutto il giardino, di conoscere le piante. Quindi devo dire che da questo punto di vista noi lavoriamo molto, assecondando la vocazione del museo, che comunque nasce in un parco, in relazione strettissima con i giardini. Poi un altro aspetto che è messo particolarmente in luce all’interno degli interventi nell’ambito del PNRR è quello proprio della responsabilità energetica. Abbiamo scelto delle nuove tappezzerie e infissi che evitano la dispersione energetica. Poi ci sarà ovviamente una nuova illuminazione, anche in questo caso realizzata con i criteri più moderni, con contenimento della spesa e della luminosità. Quindi cerchiamo e abbiamo cercato sempre di muoverci nella direzione della sostenibilità.

Accennava alla collaborazione con gli altri musei: qual è il rapporto con il territorio circostante inteso invece come università e centri di ricerca?

Questo per me è un punto fondamentale. Noi abbiamo moltissime attività di ricerca all’interno del museo e stiamo anche lavorando per ottenere il riconoscimento di centro di ricerca; è un progetto molto innovativo per il quale si deve essere associati stabilmente ad una università. In questo momento abbiamo molti rapporti in corso con tutte le università, prima di tutto per i tirocini, a partire dagli atenei di Roma, su tutto il territorio nazionale e con università straniere, e a questo teniamo molto. Abbiamo poi iniziato un progetto di ricerca, che a breve sarà presentato ufficialmente, che prevede una completa rilettura e schedatura del Fondo Borghese conservato presso l’Archivio Apostolico Vaticano, con la stipula di quattro contratti di ricerca a studiosi che hanno lavorato nel campo sia della storia dell’arte che della ricerca archivistica. Questo è un progetto che per adesso è strutturato su due anni e che porterà a una lettura completa di questi documenti. Molte notizie fondamentali già provengono dagli archivi, ma sono frutto di ricerche personali di eccellenti studiosi, ma non è stato mai fatto un progetto che si proponesse questa rilettura sistematica. Quello che ci interessa adesso è proprio la sistematicità; molti documenti erano ovviamente già stati pubblicati da Paola della Pergola, da Italo Faldi, dai grandi storici dell’arte del ‘900 che hanno curato i cataloghi della scultura e della pittura della Galleria. Poi c’è stata una grande stagione di studi – ancora molto vivace – sul collezionismo, quindi con ulteriori documenti e ricerche. Non solo documenti su Scipione Borghese, ma su tutta la famiglia Borghese (Elena Fumagalli è una delle più grandi studiose italiane in questo campo e con lei abbiamo dato inizio a questo progetto). Ma questa attenzione proprio ai contenuti della Galleria Borghese come museo e alla ricerca d’archivio non è stata mai perseguita a tappeto. Adesso, è arrivato il momento di farlo. Stiamo pubblicando i nostri cataloghi, il catalogo della pittura in due volumi, di cui il primo è quasi completato e abbiamo speranze di un’uscita entro l’anno, e per il secondo abbiamo già molto materiale. Però, ci siamo resi conto anche di quante notizie ci manchino perfino sui capolavori della collezione, quante lacune abbiamo anche nel comprendere come siano arrivate qui alcune opere. Quindi diciamo che una delle prime cose da coltivare è proprio questa rilettura completa dell’archivio, dato che si tratta proprio del fondo familiare, poi naturalmente vedremo se ci sono anche dei confronti e delle altre ricerche da fare altrove ma il completamento di questo progetto sarà comunque un importante passo in avanti perché almeno si partirà dalla certezza che quello è stato esaminato completamente. Abbiamo la speranza che da questa ricerca arrivino anche delle novità sulle opere d’arte. In ogni caso, completata questa ricognizione avremo necessariamente anche un avanzamento della ricerca.

A proposito di testi che riguardano la Galleria Borghese, è appena stata pubblicata la nuova guida per i visitatori – [Francesca Cappelletti, Galleria Borghese. La guida, Electa 2023, N.d.R.] – come è andata?

Avevo pensato di realizzare una nuova guida e devo dire che il risultato è splendido dal punto di vista editoriale. È un’edizione in tre lingue, è pubblicata con una traduzione in inglese e in francese, e inizia con un piccolo saggio introduttivo che è esso stesso impostato come una «guida» sulle visite alla Galleria nel passato. Incomincia con le visite che si facevano intorno al 1650, documentate dal testo di Giacomo Manilli [Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, 1650 N.d.R.], e poi dopo con le visite del ‘700, senz’altro più frequenti e anche più documentate per noi da lettere e da corrispondenze. E queste fasi comunque si relazionano direttamente alle due fasi decorative imponenti della Galleria, quindi questa scansione è anche un modo di ritornare all’edificio e anche ai suoi contenuti, però sempre con un’idea «periegetica».

Muoviamoci allora «dentro» il museo: che importanza ha per lei l’allestimento dello spazio museale di Galleria Borghese e più in generale nel museo?

Innanzitutto, posso dire di essere molto fortunata, perché all’allestimento hanno pensato grandi artisti e grandi personaggi del passato! Sono ovviamente allestimenti che noi non possiamo cambiare, solo l’idea fa sorridere, perché sono allestimenti non solo storici ma anche molto fissi. Quindi, da un certo punto di vista, i nostri dubbi sull’allestimento di questo specifico spazio museale sono in gran parte risolti, ma cerchiamo di mantenere e di continuare a comunicare anche la vicenda storica della Galleria, che ha una sua storia non solo dal punto di vista delle singole opere ma proprio come insieme. Il che è molto interessante per noi, perché ci mette in comunicazione con idee riguardo alla storia del collezionismo e proprio riguardo alla storia dell’allestimento, cioè che cosa si voleva comunicare disponendo le opere in un certo modo. Questo è continuamente fonte di grande suggestione anche per gli studi.

Lo spazio un po’ più flessibile – relativamente flessibile –, è quello della Pinacoteca. Di quello abbiamo trovato varie descrizioni, anche immagini e fotografie degli allestimenti passati, nel senso che, non essendoci i grandi gruppi scultorei forse quella è stata più una «palestra di idee» dei direttori, degli storici dell’arte, dalla fine dell’Ottocento in poi, anche prima del passaggio allo Stato nel 1902. In parte, noi abbiamo ereditato anche queste idee, tendiamo ad ereditare anche la tendenza a ricreare una sorta di storia della pittura italiana, di storia delle scuole regionali, un tipo di allestimento che secondo me ha molto a che vedere con il Lanzi [Luigi Lanzi, 1732-1810 N.d.R.]. Perché, appunto, nella sala di Raffaello c’è la pittura centro italiana – ogni tanto questo tipo di criterio nell’allestimento sembra che si allenti, perché naturalmente ci sono delle indicazioni date dalle dimensioni dei quadri e dalle dimensioni delle stanze, ma sono eccezioni a un criterio di base. Poi abbiamo la pittura emiliana nella sala di Domenichino – anche se ovviamente non è tutto emiliano – poi la sala di Tiziano, quindi la sala della pittura veneta. Si tratta di un allestimento solo tradizionale, cioè non è particolarmente storicizzato, quindi si potrebbe anche modificare, però c’è una difficoltà secondo me, e cioè individuare quale momento si vorrebbe riportare nella villa. Adesso, un gruppo di ricerca sta procedendo a una ricostruzione dello spazio della Galleria basata sul libro di Manilli, sulla descrizione completa, totale, del 1650, in cui le stanze erano molto più piene di quadri; un allestimento concepito in uno spirito che, semplificando, potremmo chiamare barocco. A volte, leggendo, non ci rendiamo neanche conto di come potessero coesistere tante opere in uno spazio a volte così ristretto come quello di alcune stanze. Ad esempio, riportare in vita quel momento piuttosto che un altro, implicherebbe una scelta. E poi non avremmo neanche più tutti i quadri, perché c’è stata ovviamente una notevole dispersione e anche cambiamento all’interno delle raccolte, oltre al fatto che alcuni capolavori (pensiamo a Rubens, pensiamo anche a Correggio) sono comunque entrati nell’Ottocento e quindi, comunque, non erano contemplati in quell’allestimento. Ci sono vari aspetti da considerare, quindi tutto sommato l’allestimento possiamo mantenerlo così, magari con qualche cambiamento, rendendo qualche stanza più evocativa di un momento specifico, ovviamente sempre spiegandolo.

Invece, parlando di allestimento di mostre – e, nel caso di altri musei, talvolta anche nell’allestimento della collezione permanente –, credo che tutto debba essere il più possibile modificabile, debba andare incontro allo spettatore e raccontare il pensiero dietro l’allestimento della mostra, l’allestimento della collezione permanente, cercando ovviamente – ma questo non lo dico io, lo dice la moderna museografia –, di non essere troppo rigidi nelle strutture, di non proporre apparati imponenti. Nelle nostre mostre, ultimamente, da quando sono direttrice, cerchiamo di avere un numero minore di opere, un numero minore soprattutto di sale che vengono utilizzate per le mostre, proprio per lasciare un po’ di respiro alla collezione permanente ma anche allo spettatore. Il pubblico deve avere la possibilità di vedere comunque alcune sale nel loro aspetto consueto, e poter magari seguire il percorso della mostra non pregiudicando la conoscenza delle opere della collezione permanente. L’obiettivo è riuscire a far leggere meglio le opere della collezione permanente attraverso la mostra, non so se ci siamo mai riusciti ma spero di sì. Per esempio con la mostra di Rubens [Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma, dal 14 novembre 2023 al 18 febbraio 2024 N.d.R.] i disegni restituivano l’idea degli artisti che camminano in mezzo alle opere e dipingono.

Dopo aver parlato dello spazio e degli allestimenti del museo, muoviamoci ora idealmente verso il museo «delle persone»: oggi si parla molto di community, qual è la comunità di riferimento di Galleria Borghese, chi è il suo visitatore, e poi, astraendo più in generale, quale può essere oggi l’interlocutore del museo?

La Galleria ha origine da una collezione privata che man mano ha compiuto il percorso verso il pubblico, e deve rivolgersi ad un pubblico il più ampio possibile. Noi ci rivolgiamo ai cittadini, speriamo che vengano i romani a vedere la Galleria Borghese, e ovviamente una parte anche delle attività è orientata al pubblico di immediata prossimità: parliamo di attività importanti, ma a volte anche estemporanee legate ad esempio alle aperture speciali, alle letture, ai concerti; quindi è evidente che teniamo presente il nostro pubblico più vicino. La Galleria Borghese ha, per fortuna, un rilievo internazionale e un prestigio mondiale che cerchiamo di coltivare quindi abbiamo veramente una comunità globale. Abbiamo dei progetti dedicati, che lei conosce, curati da Stefania Vannini, che si indirizzano a pubblici specifici: questa è un area in cui cerchiamo sempre di investire. Il museo deve essere aperto a ogni tipo di interlocutore, a questo io tengo moltissimo. Poi è chiaro che abbiamo anche iniziative di taglio specialistico, realizziamo pubblicazioni scienti fiche, organizziamo dibattiti all’interno di ogni mostra con la partecipazione degli studiosi coinvolti, ma abbiamo però credo un ampio raggio: il museo deve essere sempre un luogo che gli studenti e gli studiosi devono poter frequentare il più possibile e nel quale devono poter parlare e anche conoscere e crescere, ma il nostro pubblico deve essere ampio e non deve per forza avere un dottorato in storia dell’arte!

Ha fatto accenno agli studenti, qual è il rapporto di Galleria Borghese con i visitatori più giovani, a livello di coinvolgimento e di iniziative?

Un rapporto molto intenso, le farei vedere le foto di quello che facciamo i lunedì nella Galleria! Abbiamo un’attività didattica molto serrata costituita sia dalle iniziative interne, sia dal rapporto con le scuole: elementari, medie, cerchiamo di arrivare fino alla scuole superiori perché abbiamo spesso notato che ci sono molti programmi per gli studenti più giovani, mentre raggiunta una certa età questi si interrompono e la frequentazione del museo viene tutta lasciata all’iniziativa individuale, con i rischi immaginabili. Invece credo che si debbano continuare a seguire gli studenti nell’approccio al patrimonio, poi è chiaro che in ogni momento della vita e dello studio c’è un’attitudine diversa. Noi partecipiamo al progetto della Città Educante del Comune di Roma e l’abbiamo molto implementato, abbiamo innalzato il numero delle scuole partecipanti e portiamo avanti questa attività in cui andiamo noi a fare lezione a scuola; poi i ragazzi affrontano il museo, quindi non c’è solo l’iniziativa momentanea della classica visita di classe al museo e poi tutto finisce lì. È un lavoro molto seguito, molto strutturato, credo che questa sia una delle iniziative più belle e anche più innovative della Galleria.

Approfondiamo il tema dell’educazione al patrimonio specificamente nell’ambito dell’accessibilità museale, di cui accennava poco fa a proposito delle iniziative realizzate dall’Ufficio Accessibilità della Galleria Borghese, curate da Stefania Vannini.

Noi abbiamo cercato sempre e in ogni caso, in ogni situazione, già da quando eravamo chiusi per il Covid, di avere «pillole di contenuti» dirette a tutti i pubblici possibili. Successivamente abbiamo ripreso le visite guidate, importanti perché, oltretutto, veicolano il concetto di far partecipare persone sorde e persone cieche insieme con persone udenti o che vedono, quindi sono visite davvero dirette a tutti, che poi attraverso l’esperienza del podcast possono essere fruite in seguito [Progetto Storie del Cardinale Scipione e di Casa Borghese dedicato a visitatori sordi e udenti insieme; visite tattili dedicate a visitatori con disabilità della vista e vedenti insieme, a partire dai contenuti del podcast Al di là del marmo realizzato dall’Ufficio Accessibilità e disponibile online N.d.R.]. Abbiamo avuto poi anche una collaborazione con la ASL [ASL Roma 1, Progetto SPIRAGLI. Percorsi di salute mentale nella Galleria Borghese N.d.R.], quindi diciamo che cerchiamo di essere anche in questo caso il più aperti possibile. Ovviamente una grande risorsa è avere qui una specialista come Stefania Vannini, che approfondisce questi temi, perché anche qui inizia ad esserci molta letteratura, molti studi e diversi modi di affrontare proprio questi aspetti. Il museo deve essere sempre molto aggiornato, deve poter conoscere gli studi scientifici su questi aspetti, le sperimentazioni didattiche.

Rimaniamo sempre su questo tema, specificamente su salute e benessere. Ci sono recenti ricerche in ambito medico che evidenziano un legame tra la frequentazione di cultura, arte e musei e benefici in termini di salute e benessere, qual è il suo punto di vista in proposito?

Chiaramente io, venendo dall’università e dalla ricerca storico-artistica, sono portata a vivere il museo più in chiave di conoscenza, o comunque in chiave di avvicinamento al patrimonio culturale per chi non ha un interesse specifico per la storia dell’arte, però è vero che gli aspetti benefici ricadono su tutti. L’ idea di benessere è ulteriormente sottolineata proprio nella Galleria Borghese e, fra l’altro, lei giustamente ha citato gli studi recenti, però già Giulio Mancini [Considerazioni sulla Pittura, 1614-1630 N.d.R.] scriveva che questo passeggiare all’interno dei palazzi era un’attività che comunque faceva molto bene alla salute. Sicuramente anche l’avvicinamento alle opere, l’esperienza di un momento sia di meditazione sia di conversazione contribuisce al benessere mentale. Il museo è comunque un’esperienza sociale, anche se si visita da soli si fa comunque l’esperienza della compagnia perché si possono cogliere i discorsi degli altri sulle opere o si può seguire una guida. Quindi effettivamente credo che i risvolti della visita al museo siano molti di più e molto più positivi di quelli solamente legati al progresso delle nostre conoscenze storico-artistiche.

Una domanda più personale: cosa la guida nelle sue scelte operative, ha dei modelli da cui trae ispirazione o a cui tende?

Diciamo che per il museo ce ne sono veramente tanti, da un lato ovviamente per i progetti culturali io avrei la tendenza a farmi guidare dalle mie passioni di studio quindi a rimanere sul ‘600, e in particolare sul ‘600 a Roma. Lo studio va declinato all’interno del museo, concentrandosi sulle singole opere, studiando la materia dell’opera d’arte, anche questo è un aspetto che credo possa essere molto interessante per il pubblico e anche per noi possa mettere insieme gli studi degli storici dell’arte, la conservazione, il restauro. Ad esempio quando abbiamo realizzato la mostra sulla pietra dipinta [Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento, dal 25 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023 N.d.R.] tutti i dipartimenti hanno lavorato molto bene insieme e soprattutto anche il pubblico ha apprezzato molto questo tipo di opere. E questo senza bisogno di avere un grande «nome» di richiamo: c’è stato proprio un interesse grandissimo per l’oggetto, per la tecnica.

Di tutto ciò che ha realizzato nel suo mandato fino ad oggi, c’è qualcosa che ricorda con particolare orgoglio, di cui è particolarmente soddisfatta? Un aspetto, un’attività?

La domanda è difficilissima, perché veramente le attività sono state tante…sono legatissima al catalogo online, perché il catalogo online era uno dei primi progetti; che si è avvalso di tantissime competenze perché anche nel campo delle digital humanities c’è continuamente moltissimo da imparare, bisogna superarsi continuamente. Dotare un museo così importante come questo di un catalogo accessibile da ovunque, con tutte le immagini, con tutte le informazioni, tutta la bibliografia, le fonti, e una bibliografia che quando è cliccabile rimanda direttamente agli studi… un risultato eccezionale.

A proposito dell’ambito digitale, quali sono secondo lei le opportunità da cogliere, quali gli eventuali rischi e come si possono affrontare?

Rischi, fondamentalmente, non ne vedo, nel senso che credo che una volta compreso il potenziale degli strumenti, dobbiamo cercare di utilizzarli al meglio. Anche ricreare scenari passati senza pensare di cambiare l’allestimento attuale di cui parlavamo prima, tutto questo può essere affidato al digitale. Per esempio anche il progetto su Manilli o anche l’archiviazione di quello che troviamo riguardo ad allestimenti antecedenti va digitalizzato.

Il digitale aumenta le possibilità di dare spazio all’immaginazione e quindi di realizzare dei progetti, per esempio sugli allestimenti passati; che effettivamente abbiamo sempre cercato di fare, però si trattava magari di articoli, di libri, i primi progetti anche digitali con le ricostruzioni basate sui documenti: ecco, tutto questo secondo me diventa adesso sia più fattibile sia più coinvolgente.

Molte grazie per la sua disponibilità e auguri di ogni successo a lei e alla Galleria Borghese, sia per questo anno impegnativo sia per tutti i progetti futuri.

LEGGI ANCHE

LIBRI

ARGOMENTI