AccessibilitàDesign for All e progettazione inclusiva: un'opportunità per i musei

Design for All e progettazione inclusiva: un’opportunità per i musei

Design for All è il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. Questo approccio olistico ed innovativo costituisce una sfida creativa ed etica ad ogni designer, progettista, imprenditore, amministratore pubblico e leader politico.

(Dichiarazione di Stoccolma, 2004)

Design for all: cos’è

Con questo articolo vogliamo introdurre il tema della progettazione accessibile e presentare una un’importante realtà associativa italiana che da oltre vent’anni si impegna in questa direzione per concretizzare una realtà più accessibile, inclusiva e vivibile. La sua esperienza, a nostro avviso, può portare un impatto estremamente positivo anche nel settore museale. Si tratta di Design for All Italia (www.dfaitalia.it), un’associazione che opera nell’ambito della progettazione architettonica e del design industriale, concentrandosi sullo studio e la realizzazione di soluzioni funzionali concepite a partire dalla realtà umana e dalle specifiche condizioni degli individui, anziché pensate – come succede – per rispondere a modelli astratti e teorici o a meri canoni estetici.

Design for all e Universal design

L’espressione Design for all viene spesso associata a quella di Universal Design. Hanno lo stesso significato? Scopriamo insieme quali sono le differenze. Entrambi sono ovviamente espressioni inglesi acquisite entrate in uso anche nella lingua italiana per descrivere appunto un tipo di progettazione che tenga presente le esigenze «di tutti i soggetti utilizzatori», traducendo si possono rendere con «progettazione per tutti» e «progettazione universale». Universal design è stata la prima espressione ad essere coniata, utilizzata per la prima volta dall’architetto Ronald L. Mace dell’Università statale della Carolina del Nord, ateneo in seno al quale nel 1989 viene creato un polo ricerca oggi conosciuto come Center for Universal Design. Design for All ha invece un’origine europea, una filosofia di progettazione a cui l’European Institute for Design and Disability (EIDD) aderisce dal 1996 e che viene quindi inserita nella Dichiarazione di Stoccolma del 2004. Il contenuto e gli obiettivi indicati da queste espressioni sono essenzialmente i medesimi. Se nel contenuto non c’è sostanzialmente differenza, l’espressione Design for All identifica oggi anche l’associazione internazionale Design for All Europe e le sue corrispondenti a livello nazionale, che si pongono come referenti per queste tematiche e che promuovono e coordinano iniziative anche in campo formativo e professionale. In Italia, l’organizzazione nasce nel 1994 come Istituto Italiano per il Design e la Disabilità ed è la prima ad entrare a far parte dell’Istituto Europeo per il Design e la Disabilità (EIDD, costituito a Dublino l’anno precedente, nel 1993, con il sostegno del programma Horizon dell’Unione Europea). Nel 2008 IIDD diventa un’associazione indipendente e assume l’attuale denominazione di Design for All Italia.

Lo scopo del Design for All è facilitare per tutti le pari opportunità di partecipazione in ogni aspetto della società. Per realizzare lo scopo, l’ambiente costruito, gli oggetti quotidiani, i servizi, la cultura e le informazioni – in breve ogni cosa progettata e realizzata da persone perché altri la utilizzino – deve essere accessibile, comoda da usare per ognuno nella società e capace di rispondere all’evoluzione della diversità umana.

(Dichiarazione di Stoccolma, 2004)
La diversità umana è il DNA e la ricchezza della comunità

Design for all: corsi

L’associazione è in grado di realizzare interventi di formazione o corsi di specializzazione, per preparare figure in campo tecnico-gestionale e organizzativo che siano in grado di gestire la complessità dei progetti Design for All. Inoltre, svolge anche attività di consulenza per aziende ed enti pubblici e privati per per l’adeguamento di prodotti, ambienti e sistemi alle esigenze di un largo pubblico di utilizzatori con esigenze diversificate.

L’associazione ha anche registrato un marchio di qualità, con cui è possibile certificare l’accessibilità e l’inclusività di determinati prodotti, servizi, ambienti o sistemi. Questo riconoscimento può essere attribuito dopo valutazione da parte di una commissione specialistica e prevede due livelli successivi: «DfA-Start», quando l’oggetto di assegnazione rispetta solo alcuni dei  principi Design for All e «DfA-Quality» quando tutti i requisiti sono pienamente soddisfatti. Sul sito dedicato è possibile conoscere in maggiore dettaglio le realizzazioni che hanno già ricevuto questi marchi di qualità.

Design for all: progetti

Approfondiamo più in dettaglio quali sono i requisiti che un progetto deve soddisfare esaminando le linee guida per l’attribuzione dei marchi di qualità Design for All: il concetto generale è che nel progetto finito devono essere attuate tutte le tecniche possibili allo stato attuale dell’arte per minimizzare le prestazioni richieste all’utente. I requisiti devono essere verificati rispetto all’utenza finale, cioè rispetto a tutti i soggetti che desiderano fruire e hanno una ragionevole probabilità di fruire il prodotto, ambiente o sistema in modo autonomo. Vengono perciò identificate quattro categorie entro cui verificare i requisiti, categorie che muovono da un livello di maggiore concretezza e particolarità verso uno più di maggiore astrazione e universalità

  • La prima è la categoria della Fisicità. All’interno di questa vengono valutate tutte le caratteristiche del progetto riferite appunto alla sua dimensione concreta, ovvero vengono valutati la prensilità abilitante (quanto è usabile in relazione alla facilità di essere impugnato), sforzo, precisione e abilità minime richieste per l’utilizzo, la presenza di alternative di manipolazione e di uso, la possibilità di personalizzazione, la rispondenza alle differenze antropometriche e il rispetto delle caratteristiche di sicurezza.
  • La seconda categoria è quella della Percezione e sensorialità, in cui sono valutati i contrasti cromatici, tattili e sonori atti alla percezione dell’oggetto, eventali stimoli gustativo-olfattivi e la percezione cinestesica.
  • Si passa quindi ad un livello più astratto con la categoria della Comprensione, che prende in esame se l’oggetto è intuitivo e facile da utilizzare, se adotta un linguaggio semplice, quali sono i codici semantici impiegati per la comprensione del funzionamento e per l’uso, le sue qualità estetico/formali, l’implementazione dell’orientamento naturale (in ambienti, interfacce, oggetti, servizi, etc.), la comunicazione multisensoriale (negli aspetti grafici ed oggettuali), la comunicazione transculturale e translinguistica (negli aspetti grafici ed oggettuali) e, infine, la presenza di documentazioni per l’uso rispondenti ai requisiti elencati.
  • Infine al livello più generale troviamo i requisiti valutati nella categoria del Processo. Tra questi la correttezza dell’approccio progettuale (indagini soggettive, verifiche con soggetti sensibili, coinvolgimento di utenti e/o experiencer in ogni fase del processo progettuale ecc.), la correttezza nella filiera della decisione, l’estensione dei principi DfA a tutta la catena del valore, la presenza di messaggi publi-promozionali, che devono promuovano assieme al prodotto/sistema/ambiente/servizio la filosofia DfA, evitando ottiche contrarie, soprattutto se ghettizzanti.

Design for all: esempi

Leggendo di accessibilità e inclusione viene spontaneo il collegamento con la questione del superamento delle barriere architettoniche. DfA Italia si impegna naturalmente in questa dimensione mettendo a disposizione di tutti i soggetti interessati pubblici o privati la propria esperienza e competenza nella pianificazione e progettazione. La particolarità che secondo noi distingue in maniera fondamentale l’approccio DfA rispetto ad altri è che oltre al «semplice» obiettivo del superamento delle barriere, viene compiuto un passo ulteriore adottando cioè un approccio progettuale inclusivo e olistico, che non solo risolve il problema della barriera architettonica in sé (ad esempio, sostituendo scalinate con rampe), ma lo fa prendendo in considerazione le esigenze di utilizzo di tutti i potenziali fruitori, mantenendo con loro un dialogo e infine realizzando una soluzione accessibile unitaria che ne tenga conto. Il coinvolgimento degli utilizzatori finali è infatti parte integrante del processo di progettazione, e assicura realizzazioni rispondenti ai bisogni reali di tutta la comunità interessata. Le potenzialità di un simile approccio nel campo della progettazione museale ci sembrano evidenti.

Design for all per il museo: i potenziali vantaggi di una certificazione

Un museo o un centro espositivo che realizza una soluzione secondo i criteri DfA e ne ottiene la certificazione può ottenere diversi vantaggi,  ne evidenziamo alcuni che ci sembrano rilevanti:

  • valorizzazione dell’immagine per l’impegno sociale e l’innovazione
  • maggior visibilità sul territorio, grazie anche all’attenzione che un’iniziativa di questo tipo susciterà nei media locali
  • allineamento con il trend europeo. In alcune nazioni, quali ad esempio Svezia, Irlanda, Spagna e Polonia, le istituzioni politiche ed amministrative sono fortemente e concretamente coinvolte
  • occasione di differenziarsi dalle realtà museali limitrofe
  • inclusione delle fasce d’utenza escluse e ricaduta d’immagine dei successi progettuali finanziati o commissionati

A questi si possono aggiungere altri potenziali benefici, dalle ricadute più strettamente economiche, che, se interessanti per molti soggetti, rappresentano un’opportunità per realtà di piccole dimensioni o che stiano cercando soluzioni per allargare il proprio pubblico. Un piccolo museo potrebbe ad esempio:

  • ampliare il proprio pubblico soddisfacendo una maggior base di visitatori/target
  • fidelizzare i visitatori perché soddisfa e valorizza le loro specificità
  • non proporre soluzioni per disabili (ghettizzanti), ma per tutti (inclusive), compresi i disabili
  • dare una risposta creativa e non ghettizzante alle norme per la sicurezza e/o disabilità
  • aumento degli introiti, perché attrae nuovi visitatori, fidelizza gli occasionali e aumenta l’efficienza nell’impiego dei fondi poiché risponde con un unico investimento alle diverse esigenze cui dovrebbero far fronte molteplici progetti.

Design for all: Libro

Per documentarsi sull’argomento un ottimo libro da cui iniziare è «Design for all. Il progetto per l’individuo reale» di Avril Accolla, (Franco Angeli, 2009) in cui l’autrice fa il punto su contenuti e processi della progettazione DfA e sull’approccio sistemico, olistico e necessariamente multidisciplinare che sta alla base di questo approccio progettuale. Chi volesse documentarsi sul lato multisensoriale della progettazione può leggere «Progetto & multisensorialità. Come gli oggetti sono e come ci appaiono» (Franco Angeli, 2010), in cui esperti in discipline sensoriali differenti (colore, luce, forma, materia, suono, odore, sapore) indagano e riflettono sul ruolo della dimensione multisensoriale e sulla dialettica fra aspetti sensoriali diversi. Infine consigliamo di consultare la sezione libreria dell’associazione che contiene numerosi riferimenti per ogni esigenza di approfondimento.

Design for All: entrare in contatto con DfA Italia

È possibile avere maggiori informazioni e segnalare l’interesse a certificare progetti o realizzazioni rispondenti ai criteri Design for All direttamente dalla pagina dei contatti di DfA Italia. L’Associazione è molto attiva anche sui social, per mantenersi sempre aggiornati sulle ultime iniziative è possibile seguire la pagina Facebook Design for All Italia e il gruppo LinkedIn.

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