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Art Security Manager, intervistiamo Carlotta Predosin: proteggere l’arte e la cultura con una visione completa e innovativa della sicurezza museale

Appassionata di cultura, arte e musei, con un passato nell’Arma dei Carabinieri, Carlotta Predosin ha inventato una nuova figura professionale: l’Art Security Manager. Di cosa si tratta? Raccontaci chi sei e la tua professione di Art Security Manager.

La dott.ssa Carlotta Predosin, Art Security Manager, al lavoro nel suo ufficio.

Sono nata nella splendida città di Venezia, fin da bambina ho «respirato e assaporato» tutte le meraviglie che la città può offrire. Un concentrato di magnificenza che ha sicuramente condizionato il mio radicato amore per l’arte e la cultura, così ho deciso di laurearmi in storia dell’arte moderna e, nel corso degli anni, specializzarmi in tutela del patrimonio culturale, museologia, museografia e gestione dei beni culturali.

Ho avuto un’esperienza pluriennale presso i maggiori musei veneziani e ho collaborato per 6 anni presso Fondazione Prada nelle sedi di Venezia e di Milano. Ho ricoperto il ruolo di Responsabile della sicurezza, del personale museale e dei servizi al pubblico del Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia di Milano, che ho lasciato per inseguire un sogno: arruolarmi nell’Arma dei Carabinieri.

Dopo un’esperienza formativa straordinaria presso il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e la Scuola Allievi Ufficiali di Roma, ho affiancato il Direttore del Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri con un incarico speciale mirato alla progettazione, allo sviluppo e alla valorizzazione del nuovo allestimento del Museo Storico e della Torre di Palidoro. Essendo una professionista della Riserva Selezionata, inquadrata come Ufficiale di Complemento dell’Arma dei Carabinieri, il mio incarico si è concluso il 31 dicembre 2021.

Terminata la mia esperienza militare, ho ripreso a studiare dedicandomi alle connessioni tra arte e diritto presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di Milano e, contestualmente, ho offerto la mia esperienza per docenze universitarie incentrate sul tema del risk management dei beni culturali.

Essere nata in una delle città più belle al mondo mi ha fatto sempre vivere la dualità tra l’amore per i luoghi della cultura e un’intensa propensione verso la protezione delle nostre meraviglie, tanto da considerare inscindibili il mondo dell’arte e quello della sicurezza. In questo senso, sulla base delle mie esperienze professionali e formative, dal 2017, propongo l’Art Security Manager, una nuova figura professionale capace di prevenire, fronteggiare e superare eventi dannosi per il patrimonio culturale, le risorse organizzative e umane operanti all’interno delle complesse realtà museali, pubbliche e private.

Perché ritieni l’Art Security Manager una figura professionale necessaria per i musei?

Viviamo in un mondo sempre più complesso, connesso ed interdipendente dominato dall’incertezza e dal rischio. Pensare che il museo possa ritenersi scevro dai rischi derivanti dall’incertezza dei nostri giorni lo trovo un errore clamoroso. Io credo che il museo sia un’istituzione fondamentale per lo sviluppo della nostra società e che per questo debba rimanere in ascolto, comprendere le minacce del mondo attuale e farvi fronte per proteggere il nostro meraviglioso patrimonio consegnandolo intatto alle future generazioni.

Considerando che le attuali minacce al nostro patrimonio culturale sono il vandalismo, il terrorismo, i cambiamenti climatici e l’overtourism, mi chiedo: quali sono, al momento, le figure professionali operanti nei musei specificatamente dedicati al risk management dei beni culturali? Chi si occupa di fronteggiare queste minacce? Chi tiene costantemente aggiornati e monitorati i Documenti di Valutazione dei Rischi (DVR) e i Piani di Sicurezza ed Emergenza Museale (PSEM)?

In che modo l’Art Security Manager contribuisce alla sicurezza e alla conservazione delle opere d’arte all’interno del museo, garantendo al contempo un accesso agevole per i visitatori?

Come sappiamo il museo è una struttura complessa, costituita da aree adibite all’esposizione di collezioni permanenti, altre impiegate per mostre temporanee, altre ancora destinate a ospitare congressi, sale cinema, eventi esterni, senza dimenticare poi i depositi, i caveaux, le aree di servizio e gli uffici. Tale articolazione di spazi porta al difficile coordinamento delle attività e delle persone che, con tempi e flussi diversi, si relazionano tra loro comportando, talvolta, le più svariate criticità per il corretto funzionamento della «macchina» museale.

In questa complessità, la sicurezza del museo deve essere garantita da una ponderata e sempre aggiornata valutazione dei rischi connessi al tempo, alle attività, alle persone e alle opere che ospita temporaneamente e che custodisce permanentemente. In particolare, è compito, non delegabile, di ogni datore di lavoro tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, come anche di provvedere alla valutazione di tutti i rischi e all’elaborazione del DVR e del PSEM. Ricordo che nell’espressione tutti i rischi sono da intendersi congiuntamente: i rischi tipici, ovvero quelli ricadenti nell’ambito dell’attività propriamente lavorativa, ovvero la safety, e i rischi atipici, ossia quei rischi esterni all’attività lavorativa concernenti le dinamiche criminose commesse da terzi, meglio definiti come rischi di security.
Dal punto di vista operativo, è oltremodo fondamentale mantenere un corretto bilanciamento tra sistemi di sicurezza attiva e passiva e le procedure organizzative specifiche per quel contesto museale. Inoltre, non potrà mai mancare un’adeguata e comprovata preparazione e formazione del personale operativo. Faccio un esempio. Se io sono responsabile della tutela di un deposito d’arte, ho bisogno di garantire: un’adeguata difesa del perimetro esterno, porte blindate, cancelli ed inferriate (sistemi di sicurezza passiva) che vadano ad integrarsi con allarmi anti-intrusione e telecamere (funzionanti) collegate a una centrale operativa vigile (sistemi di sicurezza attiva), ma soprattutto avrò bisogno di avere una pronta risposta del personale incaricato alla vigilanza dei beni mobili e immobili, determinata da protocolli, procedure e misure organizzative interne prestabilite dal museo. Se uno di questi elementi viene meno, conseguentemente, verranno meno gli altri e avrò fallito nella protezione del mio deposito d’arte.

Quali strumenti e tecnologie innovative vengono impiegati per proteggere le opere d’arte esposte, e come si possono integrare queste soluzioni con l’esperienza museale complessiva?

L’uso della tecnologia nel nostro settore è cruciale, per questo è importante mantenersi sempre aggiornati sulle nuove tecnologie applicate ai beni culturali. Questo è un compito assolutamente necessario ma, secondo la mia opinione, non è il fattore determinante per il successo: quello che fa veramente la differenza sono le persone, la loro intelligenza emotiva, come sono state formate, supervisionate, motivate e supportate nella esecuzione del loro lavoro. Circa questo aspetto, una grandissima responsabilità ricade sull’Art Security Manager che ha il delicato compito di riconoscere e sviluppare il potenziale dei singoli componenti della squadra di sicurezza.
In sostanza, puoi disporre della tecnologia migliore al mondo ma, se accanto a te non avrai sviluppato un senso di forte appartenenza al museo e non avrai impostato i rapporti sul rispetto reciproco supportato dal confronto e dall’ascolto alla pari, le persone non si sentiranno mai coinvolte nell’incarico, non saranno mai affidabili e proattive oltre i loro limiti e tutto il resto sarà vanificato. Io credo fermamente nelle persone.

Quali caratteristiche dovrebbe avere un buon Art Security Manager?

Un Art Security Manager brillante dovrà essere sempre preparato al peggio e pronto ad affrontare qualsiasi imprevisto, i cosiddetti eventi Black Swan. Nell’esperienza che ho maturato nell’Arma dei Carabinieri ho compreso che ai professionisti della sicurezza non è permesso sbagliare, semplicemente, non è previsto l’errore. La ragione di questo assunto, che può sembrare tanto perentorio quanto insensato, è la seguente: chi si occupa di sicurezza deve garantire in primis l’incolumità della vita delle persone e, nel nostro caso, di beni infungibili dal valore storico-artistico inestimabile. Secondo voi può permettersi di sbagliare? No, semplicemente, l’errore non è previsto.

Tale convinzione non deve spaventare, anzi, deve spronare al miglioramento continuo, all’attenzione e la cura dei dettagli ogni giorno. Sicuramente, quindi, tra le qualità necessarie per un buon Art Security Manager vi sono un’accurata preparazione, l’ascolto, la capacità di leggere le situazioni e di cogliere quei segnali deboli che, se trascurati, possono ingenerare gravi danni ai nostri musei.

Quali sono gli ostacoli che avverti normalmente durante l’esercizio della tua professione?

Rispetto a vent’anni fa, la cultura della sicurezza nei musei ha fatto grandi progressi: dall’approccio superficiale del «si è sempre fatto così» stiamo passando, seppur gradualmente, a una lodevole analisi preventiva dei rischi e a un’oculata programmazione delle azioni di mitigazione, ma c’è ancora molto da fare.
Dal mio punto di vista, uno degli ostacoli maggiori per lo sviluppo di una sentita e partecipata cultura della sicurezza è il fatto che si continui a ragionare per compartimenti stagni, pur trascurando l’assunto fondamentale per il quale la sicurezza è una materia che necessita il coinvolgimento, il supporto reciproco, lo scambio di informazioni e la condivisione di pratiche. La sicurezza abbraccia trasversalmente ogni tipo di funzione e attività del museo, per questo c’è bisogno di maggiore cooperazione e di dialogo tra tutti i professionisti.
I pilastri su cui si fonda la sicurezza di un museo sono la safety, la security, la tutela delle collezioni, il buon funzionamento della struttura e dei suoi servizi, nonché la rete di relazioni che permettono solidità e resilienza all’organizzazione museale. L’Art Security Manager si occupa di interconnettere questi cinque pilastri in modo armonico, funzionale, efficiente e, soprattutto, in sinergia con gli altri professionisti.

A un giovane interessato a questo tipo di percorso professionale cosa consigli?

Questa è la domanda che preferisco perché mi riempie di gioia pensare che i giovani d’oggi ambiscano a intraprendere il mio percorso e siano sinceramente motivati a tutelare il nostro patrimonio culturale. Io credo molto nelle nuove generazioni e amo lavorare con i giovani.
Il primo consiglio è sicuramente quello di studiare e non smettere mai. Questa è la condizione fondamentale, che va anche interpretata in maniera intelligente, ovvero, abbracciando un approccio multidisciplinare che veda coinvolti approfondimenti in storia dell’arte, museologia, fruizione dell’opera d’arte, ma anche il risk management, la gestione dei beni culturali, il diritto nazionale ed internazionale e le materie collegate.
È necessario avere una mente aperta, saper accogliere e sedimentare le conoscenze, le esperienze e perché no, anche dei buoni suggerimenti. Il confronto con gli altri professionisti museali è fondamentale: per questo l’Art Security Manager non può essere un mero tecnico della sicurezza, ma anzi, deve avere una formazione umanistica collegata ai cosiddetti Museums Studies, perché deve saper riconoscere le opere d’arte che ha davanti ai suoi occhi, la differenza tra i materiali di cui sono composte, deve saper dialogare proficuamente con il conservatore, il restauratore e il registrar del museo e, insieme a loro, trovare il giusto equilibrio tra conservazione e valorizzazione, tra fruizione, sicurezza e mantenimento dell’integrità del bene.
Mantenersi aggiornati è sicuramente un aspetto fondamentale, ma non è ancora abbastanza… sarà necessario vivere il museo, capirne il funzionamento, le vulnerabilità, le peculiari dinamiche che saranno diverse da istituzione a istituzione. E, in questo senso, sarà utile affrontare ogni tipo di situazione: dal «respirare» la tensione nelle preparazioni pre-inaugurazione al brivido che si avverte all’apertura di una cassa contenente un capolavoro appena ricevuto in prestito, dall’avvertire l’adrenalina dei visitatori in attesa di entrare in una giornata di grande affluenza di pubblico alle possibili situazioni di emergenza che possono malauguratamente verificarsi. Queste sono le esperienze che vanno vissute e che fanno crescere…

Un ultimo suggerimento: mai rimanere nello stesso luogo di lavoro per troppo tempo. Lo so, ci vuole coraggio a cambiare, a ricominciare, a rimettersi in gioco, soprattutto considerando la penuria di opportunità lavorative nel settore dei beni culturali che abbiamo in Italia. Cambiare è sicuramente la scelta più difficile, ma è quella che vi farà crescere, vi farà diventare più forti, autentici e sicuri della vostra professionalità, perché avrete avuto il confronto, avrete sperimentato diversi ruoli, attività, situazioni e contesti. Quindi, studiate, mettetevi in gioco, sperimentate, crescete per amare e proteggere al meglio il nostro patrimonio culturale.

MuseoOggi.it ringrazia Carlotta Predosin e invita tutti coloro che vogliono approfondire il tema della sicurezza museale a contattarla all’indirizzo carlotta.predosin@gmail.com

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